domenica 28 febbraio 2010

Hannah Arendt :

Il rimedio all'imprevedibilità della sorte, alla caotica incertezza del futuro è la facoltà di fare e mantenere promesse"

giovedì 25 febbraio 2010

febbraio, corto e bastardo

Sapete senz’altro com’è quando arrivano quei periodi in cui alle incombenze di tutti i giorni incominciano ad aggiungersi situazioni ed impegni imprevisti da gestire. Così cominci a predisporre quel livello di organizzazione straordinaria terrificante, indice del repentino calo della qualità della tua vita.

Devi andare in un ufficio pubblico, quindi meglio entrare un po’ prima al lavoro, così, lavorando anche nella pausa pranzo, puoi recuperare il tempo che chiedi per ottemperare alla tua necessità occasionale.
In quei periodi, però, raramente gli imprevisti si chiudono tanto facilmente. Probabilmente la questione richiederà altri interventi, e nel contempo altre piccole necessità incominciano ad emergere come cappelle di funghi in un vivaio.
Così il conteggio dei tempi inizia a diventare difficile, ogni ‘missione’ incomincia a prevedere tappe intermedie per ottemperare ad altro, la tua auto diventa una sezione distaccata di casa tua o del tuo ufficio, e cartelle di documenti, ogni sorta di cose da riparare, abbigliamenti di riserva perché non fai più a tempo a passare da casa vengono traslocati nel bagagliaio. Anche i post-it fanno la loro comparsa sul cruscotto.
C’è sempre un apice del periodo, ed è il momento in cui realizzi che corri tantissimo, fai mille cose ma, magicamente, non si depenna nulla in modo definitivo dalla tua ‘to-do list’.
Per me questo periodo ansiogeno ricorre solitamente in febbraio. Ripercorrendo il dettaglio delle mie spese negli anni, noto senza possibilità di errore che è in febbraio che mi si bloccano i finestrini della macchina, smette di funzionare l’aspirapolvere, finiscono le scorte perenni di un qualche detersivo o alimento particolare, mi si spacca un dente, i bambini si ammalano oppure devono produrre per la scuola oggetti introvabili.
Non so perché succeda questo, ma anche quest’anno è stato così.
Quindi ora incomincio a sorridere, perché siamo alla frutta e, male che vada, marzo resta comunque il mese in cui comincia la primavera e questo è già un bell’aiuto.

mercoledì 24 febbraio 2010

questione di... 'fondo'

Presto andrà a sentenza una causa intrapresa contro di me.

Sicuramente ho come colpa personale l’ignoranza della legge, che come so benissimo non è ammessa. Conoscevo solo vagamente il termine ‘usucapione’, e con grande presunzione ho pensato che la logica ed il buon senso avrebbero sostituito egregiamente la conoscenza della legge.
E invece no, in questo caso non è detto.
Questa legge affonda nel passato, a quando si è reso necessario facilitare famiglie contadine che si trovavano a coltivare terreni intestati almeno in parte a parenti irrintracciabili, emigrati, forse morti, sicuramente privi di atti di successione che facessero riferimento ad un vecchio appezzamento dimenticato per le strade di una vita indirizzata altrove e senza volontà di ritorno.
Se per vent’anni lo coltivi tu, pacificamente e senza contrasti, questo terreno diventa tuo.
La terra, il bene atavico su cui vivi, nel quale ti impieghi e con i cui frutti ti sfami. Una legge che agevola la famiglia contadina e fa un po’ di pulizia sulle mappe catastali, dove in capo ad un appezzamento possono trovarsi troppi proprietari, di cui le tracce sono perse per sempre.
Tutto buono, per carità. Però mi domando che data porti questa regolamentazione, perché il mio caso è così diverso che faccio veramente fatica a farlo calzare a questa stessa legge.
Il terreno in questione è stato da me ereditato dal nonno, passato regolarmente in successione. Da allora compare nelle mie dichiarazioni e ci pago le tasse.
Vero, non l’ho coltivato. E allora? Forse che se non investo i miei soldi in modo proficuo qualcuno qualcun altro può vantarne il possesso?
Un contadino ha piantato i suoi semini senza chiedere mai nulla, pur avendo tutta la facilità del mondo a rintracciarne il proprietario. Vero, io non ho controllato e pertanto non gli ho mai fatto causa né gli ho chiesto soldi. Il vantaggio che ne ha avuto, assolutamente impunibile, non è sufficiente?
Eppure l’avvocato dice che le mie registrazioni sono prove ‘indiziarie’ ed il giudice potrà non tenerne conto.
Potrò essere considerata come un desaparecido degli anni ’50, anche se il fisco mi conosce benissimo, e mi troverò pure a carico le spese processuali per il disturbo arrecato a stato e contadino, che si muove nella legalità e nella massima malafede. Binomio inquietante, no?
Sono molto curiosa di vedere come questa causa andrà a finire. Temo molto le considerazioni che mi troverò a fare sulla nostra legislatura se perderò causa e terreno. Probabilmente perderò molto di più.
Presto andrà a sentenza una causa intrapresa contro di me.

Sicuramente ho come colpa personale l’ignoranza della legge, che come so benissimo non è ammessa. Conoscevo solo vagamente il termine ‘usucapione’, e con grande presunzione ho pensato che la logica ed il buon senso avrebbero sostituito egregiamente la conoscenza della legge.

E invece no, in questo caso non è detto.

Questa legge affonda nel passato, a quando si è reso necessario facilitare famiglie contadine che si trovavano a coltivare terreni intestati almeno in parte a parenti irrintracciabili, emigrati, forse morti, sicuramente privi di atti di successione che facessero riferimento ad un vecchio appezzamento dimenticato per le strade di una vita indirizzata altrove e senza volontà di ritorno.

Se per vent’anni lo coltivi tu, pacificamente e senza contrasti, questo terreno diventa tuo.

La terra, il bene atavico su cui vivi, nel quale ti impieghi e con i cui frutti ti sfami. Una legge che agevola la famiglia contadina e fa un po’ di pulizia sulle mappe catastali, dove in capo ad un appezzamento possono trovarsi troppi proprietari, di cui le tracce sono perse per sempre.

Tutto buono, per carità. Però mi domando che data porti questa regolamentazione, perché il mio caso è così diverso che faccio veramente fatica a farlo calzare a questa stessa legge.

Il terreno in questione è stato da me ereditato dal nonno, passato regolarmente in successione. Da allora compare nelle mie dichiarazioni e ci pago le tasse.

Vero, non l’ho coltivato. E allora? Forse che se non investo i miei soldi in modo proficuo qualcuno qualcun altro può vantarne il possesso?

Un contadino ha piantato i suoi semini senza chiedere mai nulla, pur avendo tutta la facilità del mondo a rintracciarne il proprietario. Vero, io non ho controllato e pertanto non gli ho mai fatto causa né gli ho chiesto soldi. Il vantaggio che ne ha avuto, assolutamente impunibile, non è sufficiente?

Eppure l’avvocato dice che le mie registrazioni sono prove ‘indiziarie’ ed il giudice potrà non tenerne conto.

Potrò essere considerata come un desaparecido degli anni ’30, anche se il fisco mi conosce benissimo, e mi troverò pure a carico le spese processuali per il disturbo arrecato a stato e contadino, che si muove nella legalità e nella massima malafede. Binomio inquietante, no?

Sono molto curiosa di vedere come questa causa andrà a finire. Temo molto le considerazioni che mi troverò a fare sulla nostra legislatura se perderò causa e terreno. Probabilmente perderò molto di più.

lunedì 22 febbraio 2010

Pasqua coi tuoi, a lavorare quando puoi!

non è per un agognato lunedì di festa che mi ritrovo già oggi a pensare alla Pasqua. Il motivo è logistico, come per tutti i fortunati che hanno un lavoro e anche dei figli, perché quadrare le logiche della scuola pubblica con il lavoro non è così banale.

Dunque, vediamo. Domenica 4 aprile è Pasqua. La scuola dei miei figli comunica che le festività pasquali per i miei bambini vanno da Giovedì 1 a Venerdì 9… e già mi viene uno schioppone. Alla faccia delle feste!
Non ho grandi parenti di appoggio, e nemmeno un pacchetto di ferie infinito da gestire, visto lo sterminato periodo estivo da coprire.
Ma la questione non finisce qui!
La scuola dei miei figli è pure un seggio elettorale, pertanto Lunedì 29 marzo e martedì 30 la scuola sarà chiusa per elezioni.
Il comunicato non c’è ancora (vogliamo mica dare il tempo alle famiglie di organizzarsi, no?) ma, probabilmente come hanno già fatto in altre occasioni, la scuola non riterrà opportuno aprire per un solo giorno, il 31 di marzo…
Quindi, il mio totale giorni da gestire va dal 29 marzo al 9 aprile.
Se i miei figli andassero in scuole diverse, non sarei neppure certa che i giorni siano gli stessi, visto che ogni ‘plesso’ decide le proprie sospensioni in autonomia, e le comunica quando è comodo.
Ecco un altro esempio di società che può star dritta solo sul volontariato, in questo caso ‘familiare’.
Alternativa? Scuole private, babysitter. Giorni in cui si lavora solo per mantenersi il posto, mentre i soldi se ne vanno direttamente in tasca ad altri.
In questo paese se hai figli puoi solo fare l’insegnante, o comunque avere una famiglia disponibile e numerosa.
Ma almeno le elezioni, santa madonna, vogliamo farle nelle chiese, negli ospizi, nei cinema, nei centri sociali, nelle palestre?
Penso a chi vive in grandi città, dove muoversi è un casino, avere i parenti vicini non è così automatico ed ogni ‘servizio’ privato costa un’enormità.
Penso alle catene che ognuno si porta addosso senza speranza di affrancarsi, per il sola colpa di condurre una vita normale e di volere una normalissima famiglia. Beh, di ‘normale’ non c’è più niente, niente a misura d’uomo. Eppure il nostro mondo è costruito dagli uomini e per gli uomini…non c’è qualche cosa che non quadra?



martedì 16 febbraio 2010

mi astengo

Proliferano i gruppi in supporto di Bertolaso.
Io non ho aderito, e un po’ mi spiace perché ‘a pelle’ mi pare un tipo che possa essere a posto, e sicuramente ha delle grandi capacità.
E sono contenta che abbia risposto a Repubblica, perché ritengo sia così che si debba fare.
Non riesco a cogliere il peso della scelta di rendere in qualche modo la protezione civile una società per azioni. Non so e non voglio pensare allo spostamento degli interessi che stanno inevitabilmente dietro.
Voglio solo fare una riflessione sul fatto che non mi sento di supportare nessuno. La politica dell’ultimo decennio mi ha disilluso, mortificato, fatto vergognare ed arrabbiare moltissimo.
Non sento il benché minimo stimolo a prendere la parte di nessuno. Prendo solo haimè costantemente atto che non ho e non avrò mai gli elementi corretti per giudicare, ed ogni mio moto in qualsiasi direzione è costantemente strumentalizzato (se non sollecitato) da chi gioca meglio le sue partite.
Io non dovrei passare il mio tempo di cittadino a farmi un’opinione in merito al fatto che una persona (o tutte le persone) che pago-voto sia onesta o faccia i propri interessi. Io non dovrei occuparmi di amministrazione della cosa pubblica, o esprimere il mio parere su ogni questione controversa del parlamento. Se lo faccio è solo perché non mi fido di chi lo dovrebbe fare. E con questo presupposto, la strumentalizzazione è facilissima.
Pertanto Bertolaso dovrà affrontare la sua questione senza di me. Sono certa mi capirà, e sono certa sappia molto meglio di me che in una repubblica migliore queste situazioni neppure esisterebbero.

sabato 13 febbraio 2010

14febbraio


Sin dal mattino, ogni mattina e fino alla sera, tutte le sere.
con la tranquillità e la gioia di sapere
che domani sarà ancora così

martedì 9 febbraio 2010

bello, vero?

grazie Clara! finalmente qualcuno che apprezza Micio Micio! stava incominciando a perdere fiducia in se stesso...

lunedì 8 febbraio 2010

reminder

Starne fuori.


Sei tanto brava a fare tante cose. Dimostrami che sai fare anche questa.

Poco importa se non sei convinta della bontà del suggerimento. Poco importa se quello che vedi non quadra con quello che sai.

La strada è scivolosa e non hai le scarpe adatte.

Nessuno ti chiede di camminare, quindi non farlo.

E’ una determinazione dalla vita breve, lo vedi anche tu, ma è necessaria.

Non pensare al dolore, alle compensazioni, ai meccanismi che si innescano.

Non cercare vittime, non additare colpevoli. Lo sai fare?

Starne fuori.

Pensa ad altro. Chiudi i pensieri in una bolla di vetro e sospendili lì, dove nascono.

Verrà il tempo, forse. O forse no, rassegnati.

Sei un porto, non una nave, ed i porti non vanno incontro a niente ed a nessuno. Stanno lì, con le loro luci per aiutare la rotta, ma la nave approda da sola.

Dimostrami che sei capace.

Non pensarci più.